Viaggio sulla vertiginosa giostra delle passioni, tra un omaggio a Gigi Riva e il ritratto di un'imperatrice, la “favola nera” di una bambola meccanica e le anticipazioni di un distopico futuro, con la Stagione di Prosa | Danza e Circo Contemporaneo 2025-2026 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna, con il patrocinio ed il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Autonoma della Sardegna, del Comune di Oristano e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
Dieci i titoli in cartellone, da dicembre ad aprile, presentati questa mattina in conferenza stampa a Palazzo Campus Colonna, dal Sindaco di Oristano Massimiliano Sanna, dall’Assessore alla Cultura Simone Prevete, dalla direttrice del Cedac Valeria Ciabattoni e da Elio Orrù che cura l’organizzazione locale.
Sul palco i nomi di punta della scena italiana (e non solo), da Ninni Bruschetta (l'ineffabile Duccio Patanè in “Boris”, con una carriera fra teatro e cinema, dal film di Woody Allen alle commedie di Checco Zalone) e Claudio “Greg” Gregori (del duo Lillo e Greg) nel “sovversivo” “A Mirror” di Sam Holcroft, a Federica Luna Vincenti, protagonista di “Sissi l'Imperatrice” con la regia di Roberto Cavosi, Maria Grazia Cucinotta ne “La Moglie Fantasma” di David Tristram, accanto a Pino Quartullo e con la partecipazione di Alessandra Faiella, a Marianna e Marco Morandi, autori e interpreti di “Benvenuti a Casa Morandi”, per un inedito ritratto di famiglia.
Sotto i riflettori anche Serena Balivo (Premio Ubu 2017), ne “La Morte ovvero il pranzo della domenica” di Mariano Dammacco, Sara Donzelli (Premio Wanda Capodaglio 1983) e Sergio Sgrilli in “Nives / Una telefonata lunga una vita”, un progetto di Giorgio Zorcù, dal romanzo di Sacha Naspini; Giampiero Rappa firma testo e regia de “L’uomo dei sogni”, di cui è protagonista con Lisa Galantini, Elisabetta Mazzullo e Nicola Pannelli, e Alessandro Lay (Cada Die Teatro) racconta l'epopea di un campione in “Riva Luigi ’69-’70 – Cagliari ai dì dello scudetto”, dedicato ale leggendario “Rombo di Tuono”. Ouverture immaginifica con “Coppelia / Un ballet mécanique” di Caterina Mochi Sismondi per bluCinque, sulle note di Léo Delibes, con le variazioni e le “interferenze” elettroniche di Beatrice Zanin, rilettura di un capolavoro della storia del balletto con la cifra del nouveau cirque e per chiudere spazio alla danza contemporanea, con “White Room”, una creazione di Adriano Bolognino, giovane e pluripremiato coreografo partenopeo per COB / Compagnia Opus Ballet, sul tempo sospeso dell'inverno, ammantato dal candore della neve, in una dimensione insieme concreta e simbolica, che riflette la dura lotta per la sopravvivenza.
Una programmazione ricca e variegata che accende i riflettori sulla nuova drammaturgia, con pièces originali e interessanti a partire da “A Mirror / uno spettacolo falso e NON autorizzato” di Sam Holcroft, che descrive una realtà distopica e dominata dalla censura, dove una (falsa) festa di nozze diventa occasione per una rappresentazione teatrale clandestina, sul filo della suspense, con il rischio di un'irruzione delle forze dell'ordine. In cartellone “La Moglie Fantasma” di David Tristram, sull'assassinio di un'attrice, con Maria Grazia Cucinotta nel ruolo della vittima, decisa a tornare tra i vivi per ottenere giustizia (o vendetta), come lo spettro del padre di Amleto, in una brillante commedia nera ricca di colpi di scena, con finale a sorpresa; e “L’uomo dei sogni” di e con Giampiero Rappa, sulla storia di Joe Black, affermato autore di fumetti, precipitato in un incubo in seguito a un evento traumatico, circondato dai “fantasmi” dei suoi personaggi e da amici e parenti che cercano di trarlo fuori dal baratro della depressione. “La Morte ovvero il pranzo della domenica” di Mariano Dammacco affronta l'utimo tabù, ovvero il tema della vecchiaia e dell'inevitabile fine, in chiave onirica e poetica, mentre in “Nives / Una telefonata lunga una vita”, dal romanzo di Sacha Naspini una lunga conversazione a distanza tra una donna rimasta sola con la sua gallina e il veterinario del paese fa riemergere ricordi e rimpianti, con la nostalgia per le occasioni perdute, sullo sfondo di un'Italia rurale. Il ritratto di una sovrana in “Sissi l’Imperatrice” di Roberto Cavosi, sulla figura di Elisabetta di Baviera, «una donna tanto anticonformista quanto profondamente frustrata dalla rigidità e spietatezza della Corte Viennese», un racconto per quadri che mette in risalto l'amore per la bellezza e per la poesia e il desiderio di libertà di «una creatura che si riteneva eternamente “chiusa in gabbia”».
Un ironico e disarmante ritratto di famiglia in “Benvenuti a Casa Morandi” con Marianna e Marco Morandi (anche autori del testo con Elisabetta Tulli e Pino Quartullo), in scena con Marcello Sindici, per la regia di Pino Quartullo, con i ricordi di un'infanzia da figli d'arte, tra i riflettori e i flash dei fotografi, il rapporto con i genitori e l'indimenticabile Tata Marta, sullo sfondo dell'Italia degli Anni Settanta e Ottanta. E infine la storia di Gigi Riva da Leggiuno, magnifico goleador e hombre vertical, in “Riva Luigi ’69-’70 – Cagliari ai dì dello scudetto” dove Alessandro Lay, tra note autobiografiche e trionfi sportivi, ricorda vita e imprese di un eroe moderno, divenuto simbolo dell'identità e della dignità dell'Isola.
In “Coppelia / Un ballet mécanique”, dal surreale racconto di ETA Hoffmann “Der Sandmann” (“L'uomo della sabbia”) incentrato sulla conturbante bambola meccanica, da cui prende spunto il balletto con musiche di Léo Delibes, con rimandi al “Ballet Mécanique” di Fernand Léger, Caterina Mochi Sismondi propone una riflessione sul tema dell’identità, sul gioco delle maschere e sulla fragilità e la forza delle donne oltre che sul loro ruolo nella società (e nell'immaginario). E “White Room” di Adriano Bolognino, tra arte e natura, rappresenta «gli aspetti emozionali dell’inverno, indagandone la trasposizione in forma di stato d’animo», spiega il coreografo, che mette l'accento sulla fatica quotidiana e lo sforzo per superare gli ostacoli, metaforici e reali, e sui colori celati nel candore della neve, che «nel gelo e nel silenzio possono essere ancora più dirompenti: dobbiamo solo riscoprirli».
Il linguaggio evocativo del teatro, della danza e del nouveau cirque per affrontare argomenti importanti e temi universali – come l'amore e l'amicizia, il tradimento, la solitudine e perfino la malattia e il declino della vecchiaia – con un focus sulla famiglia e sulla sfera delle emozioni private ma anche sul rito laico dello sport, capace di riunire una folla di tifosi intorno alla perfezione di un gesto sportivo, alla potenza quasi sovrumana di un goal. La Stagione di Prosa | Danza e Circo Contemporaneo 2025-2026 tocca le corde della mente e del cuore, indaga l'universo femminile, prefigurando anche scenari inquietanti come un mondo dominato dalla censura, privilegiando l'ironia dolceamara della commedia accanto al pathos del dramma, in una panoramica delle più interessanti novità della scena italiana e internazionale.
IL CARTELLONE
Una moderna favola, tra sogno e realtà – giovedì 18 dicembre alle 20.30 – con l'affascinante “Coppelia / Un ballet mécanique” con ideazione, coreografia e regia di Caterina Mochi Sismondi sulle musiche di Léo Delibes, rielaborate e eseguite dal vivo da Beatrice Zanin con “interferenze” di elettronica e violoncello, con disegno luci di Massimo Vesco (produzione Centro Nazionale di Produzione blucinQue Nice, in collaborazione con Fondazione Cirko Vertigo). Arti circensi e danza s'intrecciano nello spettacolo ispirato a “Coppélia, ou La fille aux yeux d'émail” (Coppélia, o La ragazza dagli occhi di smalto), il celebre balletto tratto da “Der Sandmann” (L'uomo della sabbia), un racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann in cui appare una splendida bambola, una creatura artificiale capace di sedurre gli uomini, pericolosa e “innocente” femme fatale. Sul palco Elisa Mutto, Michelangelo Merlanti, Vladimir Ježić, Carlos Rodrigo Parra Zavala, Alexandre Duarte, Jonnathan Lemos Rigging e Michelangelo Merlanti interpretano i protagonisti di un visionario racconto per quadri dove Caterina Mochi Sismondi affronta «il tema dell’identità», celata dietro «la maschera che ciascuno di noi indossa» e traccia il ritratto sfaccettato di «una donna vista nella sua fragilità, ma anche nella sua forza, grazie ai differenti ruoli che è in grado di rivestire». Nella sua “Coppelia”, la coreografa trae spunto anche dal “Ballet Mécanique” di Fernand Léger, un'opera del primo cinema cubista su musiche di George Antheil, per costruire una rigorosa partitura di corpi e oggetti in movimento, in chiave onirica e poetica.
Una coinvolgente commedia nera contro la censura – lunedì 12 gennaio alle 20.30 – con “A Mirror / uno spettacolo falso e NON autorizzato” di Sam Holcroft (per gentile concessione dell’Agenzia Danesi Tolnay) con Ninni Bruschetta, Claudio “Greg” Gregori, Fabrizio Colica, Paola Michelini e Gianluca Musiu, scene di Alessandro Chiti, costumi di Giulia Pagliarulo, musiche di Mario Incudine e disegno luci di Sofia Xella, per la regia di Giancarlo Nicoletti – coproduzione Altra Scena e Viola Produzioni / Centro di Produzione Teatrale. Una pièce divertente su temi “spinosi” ed attuali come la libertà d'espressione e l’autoritarismo, in cui una festa di nozze diventa l'espediente per realizzare uno spettacolo in un (immaginario) stato totalitario dove ogni rappresentazione teatrale deve superare il vaglio della censura di regime: gli “invitati” che formano il pubblico sono quindi testimoni e complici di un'azione “sovversiva”, una rivolta silenziosa contro il potere. “A Mirror” è «un elettrizzante thriller dark ad alto tasso di ironia e adrenalina, in cui nulla è come sembra» e l'annunciato matrimonio di Nina e Leo si trasforma in un atto “politico”, sul filo della suspense, tra continui ribaltamenti di ruolo e coups de theatre, mentre «le forze dell’ordine attendono in agguato, riducendo sempre più la distanza fra lo spazio dietro le quinte ed il palcoscenico, in un crescendo di suspense in cui si attendono da un momento all'altro un'irruzione e la conclusione della recita. Sul palco, specchio di una società ormai lontana dai principi e dalle forme di una moderna democrazia, gli artisti cercano di far sentire la loro voce, coinvolgendo gli spettatori in una situazione ad alto rischio, con un finale tutto da scoprire....
Il fascino e il mistero di un'aristocratica anticonformista – domenica 25 gennaio alle 20.30 – con “Sissi l'Imperatrice”, con testo e regia di Roberto Cavosi, con Federica Luna Vincenti e con (in o. a.) Marco Manca, Miana Merisi, Maria Giulia Scarcella e Francesca Bruni Ercole, costumi di Paola Marchesin, disegno luci di Gerardo Buzzanca, musiche di OraGravity, produzione Goldenart Production, in coproduzione con Teatro Stabile di Bolzano e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Una pièce originale, ispirata all'inquieta e tormentata esistenza della principessa austriaca, figlia del duca Massimiliano Giuseppe in Baviera e di Ludovica di Baviera e sposa dell'imperatore Francesco Giuseppe d'Asburgo-Lorena, creatura sensibile, amante della bellezza e della poesia, insofferente alle regole della corte viennese, spesso in contrasto con la suocera, l'arciduchessa Sofia, sempre attenta a rammentarle i doveri e le responsabilità del suo rango. “Sissi l'Imperatrice” propone un ritratto della sovrana, affascinante e ribelle, un'anima gentile “chiusa in gabbia” che anelava alla libertà, in fuga dalla solitudine e dagli obblighi dell'etichetta, vittima di tragedie familiari come la morte del cugino Ludwig di Baviera e soprattutto la scomparsa della piccola Sofia e del figlio Rodolfo, suicidatosi insieme con la sua amante, la baronessa Maria Vetsera. Elisabetta di Baviera, meglio nota come Sissi, «in eterno lutto per le morti assurde di due dei suoi figli, sviluppa una sensibilità dolente e rabbiosa al tempo stesso ma tutt’altro che astratta, rivolta infatti anche verso le più delicate questioni sociali: dalle sofferenze delle minoranze etniche, ai soprusi subiti dal proletariato».
Storia di un campione – venerdì 6 febbraio alle 20.30 – con “Riva Luigi ’69 ’70 – Cagliari ai dì dello scudetto”, uno spettacolo scritto diretto e interpretato da Alessandro Lay, ispirato alla figura e alle imprese del leggendario “Rombo di Tuono”, con disegno luci e suono a cura di Giovanni Schirru, progetto sonoro di Matteo Sanna, scenografie di Mario Madeddu, Marilena Pittiu, Matteo Sanna e Giovanni Schirru – produzione Cada Die Teatro. Una pièce che intreccia cronache sportive e note autobiografiche, per raccontare attraverso gli occhi di un bambino una straordinaria epopea moderna: Gigi Riva, grande goleador e hombre vertical, con i suoi tiri potentissimi e pressoché imprendibili, per la nobiltà e coerenza delle sue scelte diventa il simbolo del riscatto di un'intera Isola. Alessandro Lay – attore, autore e regista – cita Pier Paolo Pasolini: «Il gioco del football è un “sistema di segni”; è, cioè, una lingua, sia pure non verbale. La sintassi si esprime nella “partita”, che è un vero e proprio discorso drammatico – sostiene lo scrittore e poeta – .Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico… Riva gioca un calcio in poesia». In una visione estetica dello sport, le gesta del fuoriclasse del pallone si trasfigurano in arte, incantano le platee: «Nel 1970, quando il Cagliari divenne campione d’Italia, io avevo 8 anni – rivela Alessandro Lay –. Non ricordo molto dello ‘scudetto’ ma ricordo come era la città, come ci vestivamo, l’album della Panini e le partite ‘a figurine’... E ricordo un ragazzo schivo, a volte sorridente... che puntava i pugni in terra e si faceva tutto il campo correndo ogni volta che segnava un gol…».
Un giallo “dietro le quinte” – sabato 21 febbraio alle 20.30 – con “La moglie fantasma” di David Tristram con Maria Grazia Cucinotta e Pino Quartullo, accanto a Gianmarco Pozzoli, e con Giorgio Verduci e Roberta Petrozzi e la partecipazione di Alessandra Faiella, con scenografie di Lucio Diana, costumi di Laura Liguori, disegno luci di Andrea Lisco e musiche di Diego Maggi, per la regia di Marco Rampoldi, co-produzione CMC/Nidodiragno e Rara. Tra echi shakespeariani e rimandi ai gialli di Agatha Christie, “La moglie fantasma” accende i riflettori su un delitto: la vittima è una celebre attrice, morta suicida (apparentemente) al termine di una trionfale tournée il cui spettro, come nell'“Amleto”, riappare tra i vivi per chiedere vendetta. La defunta si presenta, in spirito, all'ex marito che, dopo le prime reazioni di sconcerto e sgomento, accetta di organizzare le prove di uno spettacolo ispirato all'omicidio, così da smascherare il/la colpevole e restituire finalmente all'anima inquieta la sua pace. Una commedia nera, che racconta la realtà intricata, fatta di istintive simpatie e antipatie e acerrime rivalità, nascoste dietro la cortesia ed il cameratismo del mondo dello spettacolo: tuttavia, a dispetto dello stratagemma della falsa commedia, attrici e attori, capaci per professione e per vocazione di fingere e dissimulare i propri sentimenti al punto da creare l'illusione della verità, non dovrebbero incontrare difficoltà nel mostrare il volto dell'innocenza. La fatidica “prova” comunque ha inizio ed è subito un susseguirsi di situazioni paradossali e surreali, comiche e grottesche, in cui tutti gli artisti «mettono in luce le ‘piccolezze’ e fragilità di chi fa questo mestiere, e gli aspetti affascinanti di un gioco di scatole cinesi in cui non si capisce più dove finisca la realtà e inizi la finzione, tra continui colpi di scena, fino al parossistico finale».
Ritratto di famiglia – venerdì 13 marzo alle 20.30 – con “Benvenuti a Casa Morandi”, una commedia scritta da Marianna e Marco Morandi, Pino Quartullo e Elisabetta Tulli che rievoca l'infanzia e la giovinezza di due figli d'arte, tra i successi e gli impegni professionali del celebre padre e della madre, l'attrice Laura Efrikian (distribuzione Diego Ruiz per Mentecomica). Sul palco Marianna e Marco Morandi, accanto a Marcello Sindici, per la regia di Pino Quartullo, interpretano se stessi, alle prese con un trasloco, dopo la scomparsa della Tata Marta: tra mobili e vecchi giocattoli riaffiorano i ricordi di una vita sotto i riflettori, tra set cinematografici e studi televisivi, films e canzoni, fin da bambini sotto gli occhi del pubblico, come piccoli divi tra i flash dei fotografi. “Benvenuti a Casa Morandi” rappresenta un viaggio tra le emozioni, in cui i protagonisti si confrontano con il passato, con l'allegria e la tristezza, la serenità dell'età dei giochi e la presenza rassicurante della tata. Tra incursioni telefoniche di mamma e papà e dei rispettivi figli, e l’arrivo inaspettato di un traslocatore invadente e innamorato, Marianna e Marco si raccontano con ironia, leggerezza e una punta di malinconia. Una commedia delicata e tenera, sull'importanza degli affetti, in cui Marianna, attrice, diplomata all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, una carriera fra teatro, cinema e televisione e Marco, cantante, attore e compositore, rivelano i loro pensieri e i loro sentimenti, insieme a frammenti significativi della loro storia familiare, con disarmante sincerità.
Un delicato e toccante rito di commiato – domenica 22 marzo alle 20.30 – con “La Morte ovvero Il pranzo della domenica” (finalista al Premio Ubu 2024), uno spettacolo ideato, scritto e diretto da Mariano Dammacco ed interpretato da Serena Balivo, con musiche originali di Marcello Gori, consulenza spazio e luci di Vincent Longuemare, oggetti di scena a cura di Andrea Bulgarelli / Falegnameria Scheggia – produzione Compagnia Diaghilev – Dammacco/Balivo (con il sostegno di Spazio Franco - Palermo e Casa della Cultura Italo Calvino - Calderara di Reno). La pièce affronta «il più grande tabù della nostra cultura» attraverso la storia una donna non più giovane e dei suoi anziani genitori, che ogni settimana si riuniscono davanti ad una tavola per consumare il pasto festivo, mantenendo vivi i legami ed i ricordi e preparandosi insieme al distacco in attesa dell'inevitabile fine”. “La Morte ovvero Il pranzo della domenica” racconta la vecchiaia ed il mistero dell'aldilà, il senso della perdita e la consapevolezza dello scorrere del tempo, ma anche la volontà di trattenere quegli istanti preziosi e conservare la memoria delle persone care. Una riflessione sulla fragilità e sulla brevità dell'esistenza umana, sul valore simbolico dei gesti che compongono una sorta di rituale, per infrangere la solitudine ma anche sul comprensibile interesse, se non sull'ossessione, della coppia di ultranovantenni su ciò che li attende, varcata l'estrema soglia. “La morte ovvero il pranzo della domenica” rappresenta quasi «un invito a partecipare a un congedo appassionato e divertito che prova a restituirci la bellezza della vita stessa all’interno dell’esperienza dell’ultima separazione dalle persone amate, e all’interno della potenza nascosta e piena di pudori dell'amore in famiglia, l’amore tra vecchi sposi, l’amore tra genitori e figli».
Ironia in scena – venerdì 27 marzo alle 20.30 – con “L’uomo dei sogni”, una commedia surreale scritta e diretta da Giampiero Rappa, anche protagonista sul palco con Lisa Galantini, Elisabetta Mazzullo e Nicola Pannelli, con scene di Laura Benzi, costumi di Lucia Mariani, musiche di Massimo Cordovani e disegno luci di Gianluca Cappelletti, assistente alla regia Michela Nicolai, illustrazione a cura di Roberto Recchioni, produzione Viola Produzioni / Centro di Produzione Teatrale e Teatro Stabile del Veneto / Teatro Nazionale. La pièce racconta il dramma di Joe Black, fumettista di grande talento che, in seguito ad un evento traumatico, si rinchiude nella solitudine della sua casa: la sua esistenza si trasforma in un incubo, «gli eroi che aveva scartato dai suoi fumetti, gli amici e i familiari della vita quotidiana lo tormentano incessantemente, creando un vortice di illusioni e realtà». In uno dei momenti più bui della sua vita, Joe Black sperimenta una condizione particolare, la parasonnia: «Immaginate di chiudere gli occhi – spiega Giampiero Rappa – e, poco dopo, di vedere figure minacciose nella vostra stanza, di sentire voci che vi parlano, di assistere a scene di violenza così realistiche da farvi svegliare urlando o alzarvi di scatto». In realtà questi “fantasmi” mirano ad unico obbiettivo: aiutare il protagonista ad uscire dal baratro della depressione e fare pace con i suoi demoni, restituendogli la voglia di vivere. Tra dialoghi taglienti, apparizioni grottesche e tenerezze represse, “L’uomo dei sogni” «trascina lo spettatore sulla linea sottile che separa i sogni dalla realtà e l’amore dall’ossessione, in una società dove il successo conta più della felicità».
Un dialogo a distanza – giovedì 9 aprile alle 20.30 – con “Nives / Una telefonata lunga una vita” dal romanzo di Sacha Naspini (Edizioni E/O), con drammaturgia di Riccardo Fazi, un progetto teatrale di Giorgio Zorcù, con Sara Donzelli e Sergio Sgrilli e con le voci fuori campo di Graziano Piazza (prologo) ed Elena Guerrini (Donatella), costumi di Marco Caboni, collaborazione ai movimenti di Giulia Mureddu, disegno luci di Marcello D’Agostino e sound design di Umberto Foddis, grafica a cura di Matteo Neri, produzione Accademia Mutamenti, in collaborazione con MutaImago, coproduzione Teatro Fonderia Leopolda / Città di Follonica. Una donna, rimasta sola dopo la morte del marito, con l'unica compagnia di una gallina zoppa, per infrangere il muro della solitudine si rivolge al veterinario del paese: in una lunga conversazione, riaffiorano «fatti lontani nel tempo e vecchi rancori», ma anche «si scoprono gli abissi di amori perduti». “Nives” è un percorso a ritroso nel tempo, tra rivelazioni inattese e occasioni mancate, in una amaro bilancio dell'esistenza, tra rimorsi e rimpianti, fallimenti e disincanto, sullo sfondo di «una cultura contadina stralunata e feroce». Una storia emblematica, eppure singolare, in cui il peso delle scelte, giuste o sbagliate, ma ormai irrimediabili, riemerge attraverso le parole della protagonista e del suo interlocutore, in una tardiva consapevolezza di ciò che avrebbe potuto essere e non è accaduto, ma anche dell'inesorabile trascorrere del tempo, e dell'avanzare dell'età. “Nives” è un dramma moderno, in cui gli spettatori ascoltano le confessioni incrociate dei due protagonisti, condividendo i loro pensieri e le loro emozioni, i loro turbamenti e stati d'animo, la trama complicata dei loro destini.
Il fascino della neve e il significato simbolico dell'inverno – sabato 18 aprile alle 20.30 – in “White Room”, una creazione del coreografo partenopeo Adriano Bolognino per COB / Compagnia Opus Ballet (assistente Rosaria Di Maro) con i costumi dell'Opificio della Moda e del Costume e il disegno luci di Laura De Bernardis, dove l'artista (Premio Danza&Danza 2024 per “La Duse”, mentre il suo “Ravel / Into Us - Bruciare” è stato selezionato per il Fedora Dance Prize 2025) indaga «gli aspetti emozionali» della stagione più fredda. In “White Room” – ispirandosi a un dipinto di Giovanni Segantini, “Il ritorno nel bosco” – Adriano Bolognino trasporta sulla scena gli stati d'animo che trovano corrispondenza nella natura, identificando nell'immagine di una contadina che «trascina una slitta pesante in un paesaggio desolato circondato da montagne che sovrastano la neve cristallina», una sintesi pittorica de «la fatica e la costanza dell’essere umano». In un avvincente racconto per quadri, il coreografo mette in scena una trasfigurazione dell'inverno, restituendo attraverso le geometrie di corpi in movimento «una tensione tra gli ostacoli connaturati allo statuto vitale e la forza umana che, in questo contesto, assume un carattere sovrannaturale: è proprio questa polarità a costruire un ponte tra l’universo contadino di Segantini e il nostro contemporaneo». “White Room” rappresenta quindi un paesaggio interiore, in una sospensione del tempo, per una riflessione sulla condizione umana e sulla quotidiana lotta per la sopravvivenza, tra segrete inquietudini, con la necessità di far fronte alle difficoltà e ai colpi del destino, con la speranza di una imminente primavera e una futura estate.
La Stagione 2025-2026 di Prosa, Danza e Circo Contemporaneo al Teatro “Antonio Garau” di Oristano è organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC/ Ministero della Cultura, dell'Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Oristano e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
INFO & PREZZI
ORISTANO – Teatro “Antonio Garau”
abbonamento per 10 spettacoli: Platea: intero 130 euro – ridotto 110 euro; Galleria: 100 euro
biglietti: Platea: intero 16 euro – ridotto 13 euro; Galleria: posto unico 12 euro
Per informazioni: Elio Orrù cell. 335.6098056 – e-mail: hifiservice.oristano@gmail.com – www.cedacsardegna.it